Forme ed energia si plasmano nel biodinamico di Caiarossa. Un metodo che restituisce frutti eccellenti
Una gita aziendale, una fredda giornata, una felicissima scoperta: Caiarossa, ovvero l’aristocrazia biodinamica.
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Si vede bene il mare da qui, lontano 12 km e sembra di toccarlo con un dito. Bolgheri è a 15 km invece, nel ruolo di superstar, ma la sua fama ingombrante non spaventa anzi trascina.
L’installazione occhialuta è uno sguardo sui litoranei tramonti del west ma anche un osservatorio delle vigne, scosceso salotto viticolo. Il monte alle spalle è in realtà una collina formata da antichissimi residui vulcanici ormai coperti da gabbro colorato, marne e galestri. Le terre sono cibate con corno letame e vigne trattate omeopaticamente con tisane d’ortica e d’equiseto.
L’edificio è rosso come i paesaggi, l’interno catalizza attenzioni: giallo-sole alle pareti e sulle grandi vasche in cemento, mai vetrificato; forme e energie orientate dal Feng Shui sfruttano la forza di gravità in modo che tutto agisca con fluida naturalezza: il rosso ritorna nella barricaia.
Presto anche gli animali parteciperanno al moto di eventi, alla filiera produttiva, per ampliare il cerchio già perfetto e conformarsi definitivamente ai rigidi regolamenti.
L’accoglienza di Emilio Mancini è professionale e mai distaccata, comunica la passione di chi crede in ciò che fa, e l’ospite è subito benvenuto e coinvolto.
Gli assaggi proposti con estrema generosità sono golosi e interessanti: Pergolaia, dal sangiovese indiscusso protagonista, gioca con la tradizione toscana e ne porta alto il nome. Caiarossa strizza l’occhio ai vitigni francesi ma ancora non lascia la presenza del sangiovese.
I due bianchi sono Caiarossa Bianco, che esalta la locale mineralità calcarea di chardonnay e viognier, e il vendemmia tardiva da petit manseng di Oro di Caiarossa, delicatamente dolce e dall’acidità perfettamente calibrata.
C’è poi il progetto Tresoro, in collaborazione con le aziende colleghe e vicine Duemani e Prima Pietra: prevede l’apporto di un’uva ciascuno, ogni anno la propria migliore, qui vinificata in anfora di cocciopesto, per un vino di assemblaggio destinato a celebrare il consolidamento della neonata associazione consortile.
Aria di Caiarossa (che abbandona il sangiovese) è la bandiera aziendale che sventola “tra Bolgheri e Bordeaux”, luogo di origine dei proprietari e fonte principale dell’ispirazione enologica: cabernet sauvignon e franc, petit verdot, merlot, syrah, grenache in diverse proporzioni.
Le vigne sono situate a 350 mt slm, e mai il vino di un’annata ha lo stesso uvaggio dell’altra, le variazioni dei blend dipendono dai numerosi fattori delle singole vendemmie ma la vinificazione alterna sempre legno e cemento, sapientemente dosati in base alla stagione annuale e al vitigno.
l’Aria di Caiarossa
La mini verticale di Aria di Caiarossa è la degustazione più intrigante, volutamente effettuata ribaltando le cosiddette regole temporali e partendo quindi dal più “attempato”: e va bene così, anche perché in tutti e tre i casi i terziari, pur presenti, non sono ancora prepotenti abbastanza da manipolare il ventaglio olfattivo e la presenza speziata non è mai invadente o stucchevole.
2012: è stato un anno difficile, si è già abbandonato il sangiovese e ad oggi è ancora una degustazione complessa e non scontata: il colore è il carminio, i profumi sono di frutta rossa e nera, matura, dolce, che si confrontano con balsamicità mediterranee. L’assaggio porta in dote grassa tannicità e gradevolezze che dividono la platea.
2013: caratterizzato da meteo propizio, quando dal cielo sono arrivati pioggia e sole, caldo e freddo, proprio nei momenti in cui le piante ne avevano bisogno. Oggi il risultato si traduce con il color granato che si spessisce cromaticamente al centro del bicchiere, e i profumi fruttati convergono – tuttora! – prima e sopra gli altri, per stampare sul palato irreprensibile freschezza e gustosa sapidità.
2014: l’Aria di Caiarossa più convincente, più identificabile, che fa propria l’elegante riconoscibilità della zona e dei suoi blasonati vitigni, è il prodotto di questa controversa annata. Oggi esprime personalità e classe già sin dalle cromie granato. La celebrazione del cabernet è nel vegetale profumo di peperone, che si mischia sapientemente a confettura di frutta rossa e scura, cuoio e tabacco biondo, ma è attraverso la freschezza e i tannini raffinati che procede deciso e ignora muscolose opulenze, orientando il prelibato sapore nella lunghezza del sorso.
È l’ora di salutare Riparbella, Emilio, Caiarossa. Ma per chi arriva qui e dopo riparte, la voglia di tornare diventa poi compagna naturale.
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