brindiamo! ma sempre con stile


Le giuste parole e i gesti appropriati di un rito tradizionale e di felice auspicio. Ma attenzione…

FATELO CON STILE


Ci sono consuetudini dure a morire. Fanno parte di abitudini consolidate in accesi momenti di convivialità che però possono diventare imperdonabili distrazioni e cadute di stile. Vogliamo parlare del brindisi e dell’uso improprio del veemente cin cin?


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Che si rida e che si beva, questo brindisi è mio, nessun me lo leva.”

Carlo Goldoni, Il campiello, 1756


Spirito Italiano Fatelo con stile consigli brindisi Antonella D'Isanto
foto: S. Hermann & F. Richter

Diciamolo, durante i festeggiamenti con un calice in mano non resistiamo al brindisi e all’abitudine di fare cin cin!


Il brindisi è un momento intenso, ha delle regole molto precise, spesso disattese o trascurate.


Facciamo una piccola ricognizione sul brindisi, scopriremo la storia di questo rituale e perché il “cin cin” è una frase vuota, impropria, che non dovrebbe assolutamente essere detta davanti ad un giapponese, pena metterlo in imbarazzo o vederlo frugarsi sconvenientemente tra le mutande!


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foto: Andrea Piacquadio

già, attenti al… “cin cin”!


Cin cin è l’esclamazione più comune nella nostra lingua durante il brindisi. La parola ha origini cinesi deriva da qǐng qǐng (请请 ch’ing ch’ing), che significa “prego, prego”.

Il termine era usato per gioco tra i marinai di Canton come forma di saluto alla lunga esportato nei porti europei.


Da noi ha avuto successo anche per la somiglianza onomatopeica con il suono prodotto dal toccarsi dei due bicchieri.

Ma attenzione: il termine in questione chinchin nella lingua giapponese può indicare l’organo maschile e nel contesto multiculturale nel quale siamo immersi, stante anche la particolare pudicizia dei figli del sol levante, il garbo induce a limitarne l’uso, tanto per non incappare in incidenti diplomatici.


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foto: Silentpilot

In Giappone si brinda dicendo “kanpai” mentre in Cina si usa brindare usando l’espressione “ganbei”.


il brindisi: l’evoluzione del rituale


Il brindisi affonda le sue radici in rituali nella notte dei tempi ed è principalmente legato al vino.

Da quando l’uomo si è compiaciuto della scoperta del vino, ha sollevato il contenitore del prezioso nettare per ringraziare, il cielo e la terra, elargitori del dono.


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Dioniso seduto che regge un cantaro, Psiax (attr.) – The British Museum

Nei poemi omerici ci sono descrizioni del rito, ci si alzava in piedi, sollevando un coppa, si alzavano gli occhi al cielo facendo ricadere intenzionalmente del liquido a terra.


Nei secoli ci sono state delle evoluzioni: al tempo in cui gli uomini andavano ancora a tavola indossando il cappello, al momento del brindisi dovevano toglierlo e guardare negli occhi la persona alla quale si brindava, seguiva un inchino, o un cenno con la testa poi si beveva.

I rituali del brindisi sono passati dall’uso della coppa comune, ai bicchieri senza piede con lo svuotare completo del recipiente.


Con l’avvento del cristianesimo il vino assume un’aura di misticismo liturgico; Gesù alza il calice, l’officiante in Chiesa, alla consacrazione, anch’egli alza il calice, l’antico gesto, una sorta di brindisi condiviso.


Un altro temine usato nei brindisi è “Prosittermine latino (da prodesse giovare). E’ ancora usato in Germania e deve quasi sicuramente la sua origine alla presenza delle legioni romane che, durante la loro occupazione, brindavano con il vino delle viti impiantate da loro nella zona meridionale.


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Non dimentichiamo infatti l’importanza della vite per i romani. Se guardate vecchie stampe, o film storici fatti bene, scoprirete che i centurioni stringevano immancabilmente in mano un bastone chiamato “vitis”.

Centurione con vitis (Flavia Solva, A) – credits: IKAl, Wikimedia Commons (CC BY-SA 2.5)


I romani nelle loro conquiste seguivano alla lettera il monito di Orazio, “Nessun albero prima della sacra vite tu pianterai, o Varo”. Roma imponeva infatti ai suoi militari di piantare la vite in tutto l’impero che conquistavano.


Tra il 1500 e il 1600 la parola “brindisi” entra nel nostro idioma. Usata in spagnolo e in italiano pare di derivazione tedesca ich bring dir’s una formula omaggio “io te lo offro”.


I costumi e la vita si evolvono cambia il modo di concepire i rapporti sociali, il fermento evolutivo consolida, tra le tante, un sistema drastico per risolvere controversie politiche, economiche o situazioni ritenute inestricabili.


Inizia a diffondersi anche la preoccupazione di essere avvelenati attraverso i brindisi. Un timore giustificato perché la storia ha raccontato come molti brindisi abbiamo stroncato la vita a consoli romani, feudatari, principi della Chiesa e dello Stato.

Si vocifera anche di un uso diffuso fatto, così pare, da Caterina de Medici, dal Pontefice Borgia e dalla stessa Lucrezia.


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Nastagio degli Onesti (III episodio), Sandro Botticelli, 1483 – Museo del Prado

Non dimentichiamoci poi che i brindisi, pur se allegri e con carica vitale, possono essere precursori di disgrazie e dolori.


Partiamo ad esempio dal brindisi più celebre, quello dalla Traviata: “Libiam nei lieti calici/ che la bellezza infiora/ e la fuggevol ora/ s’inebri a voluttà…“.

Un brindisi che trascina, che esprime gioia ma preludio comunque di un dramma.


Come poi non ricordare il brindisi della Cavalleria rusticanaViva il vino spumeggiante/ nel bicchiere scintillante/ come il riso dell’amante…“; un brindisi foriero di morte e sventura.


A ritroso celebre è il brindisi di Cleopatra, che alla presenza di Marco Antonio, fece sciogliere una grandissima e costosissima perla di rara bellezza in un calice con vino acidulato durante una cena costosa organizzata per l’uomo per il quale poi si sarebbe tolta la vita travolta dagli eventi storici.


Truce è ancora la storia di Rosmunda sposa di Alboino, il longobardo “Signore d’Italia”.

Durante un banchetto lui la obbligò a bere vino nel teschio del padre che aveva sconfitto e divertendosi così tanto da iterare questo macabro brindisi.


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Rosmunda costretta a bere dal teschio di suo padre, Pietro della Vecchia, XVII secolo
(Musée des Beaux-Arts de Lons-le-Saunier)

Rosmunda, esasperata, contraccambiò il brindisi con un calice di vino avvelenato. Alboino, ai primi malori costrinse la moglie a bere… uniti, quindi, fino alla morte!


Il brindisi, nondimeno, mantenne nel tempo la sua importanza e ancor oggi è un rito a cui non ci si sottrae soprattutto in occasione di matrimoni, battesimi o “banchetti ufficiali”.

Annunciata magari dal padrone di casa, dal festeggiato o da un ospite, la formula del “ci si alzi in piedi” è quella certamente più indicata per l’invito evitando di pronunciare “cin cin” o “salute”.


mai dimenticarsi il garbo!


Ma soffermiamoci su quanto suggerisce il galateo per rispettare le occasioni conviviali con signorilità:


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  • Mai richiamare l’attenzione degli invitati battendo una posata sul bicchiere
  • Mai bere prima che l’anfitrione o il festeggiato abbia dato il via con un brindisi o alzando il proprio calice.
  • Se fate un brindisi siate concisi, usate frasi brevi, riflessioni leggere, gentili senza sproloqui o doppi sensi più è breve e più è gradito.
  • Il brindisi si può fare all’inizio o alla fine di un avvenimento, ma non è detto che in tutte le occasioni il brindisi sia obbligatorio
  • Il brindisi si fa con i calici levati, magari in piedi, guardano il festeggiato, senza sbracciarsi per fare tintinnare i calici che si alzano verso il festeggiato o si porgono in avanti.

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  • A un evento formale un invitato non dovrà mai proporre il brindisi per un suo superiore di grado, tranne che non sa sicuro dei termini di familiarità e amicizia.
  • Brindare in maniera elegante, evitando qualsiasi turbolenza, comportamento a volte piuttosto diffuso.
  • Quando si brinda a casa si deve ritrovare la piacevolezza dell’intimità, un calice alzato, un sorriso, uno sguardo, un cenno del capo, una parola gentile, un apprezzamento.

Quelle del galateo non sono regole scritte sulla pietra, quindi per i brindisi più sentiti quelli che si celebrano a Capodanno, quando si sollevano i calici, per scongiurare tristezza e dolore, per augurare un sereno futuro attraverso vini spumeggianti allora… date tranquillamente il via libera a: salute, prosit, ad maiora, cin-cin, à la santé, cheers, salud, skoll, zum voli …


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foto: cottonbro

E per una serata intrigante? Magari un brindisi a due?

Beh, c’è solo un vero modo per brindare: quello del film Casablanca quando Rike serve una coppa di Champagne a Ilsa, alza il bicchiere e le dice: “here’s looking at you, kid” (questo sguardo è per te piccola) e lo sguardo e il vino si fanno una cosa sola!


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Alla vostra!


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