Vino: lo status symbol della Cina

Sociologia enoica della “Terra del dragone”: come e perché il vino è diventato uno status symbol dei cinesi.

SINOGRAMMA VINO


Siamo Spirito Italiano ma con la voglia di guardare anche altrove. I nostri approfondimenti sull’estero hanno da sempre incuriosito i nostri lettori con ottimo riscontro.


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Sarà che non siamo considerati “stereotipati, “allineati” o “banali”, sarà che le nostre firme danno spesso un plus qualitativo e non quantitativo, sarà che c’è voglia di leggere ogni tanto qualcosa di diverso in una rete che propone ormai “il solito” come nei bar degli anni ’70… noi proseguiamo sulla nostra linea editoriale sempre pronti a ricevere le vostre critiche costruttive.

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foto: Min An

Fra le nostre firme che maggiormente emergono, c’è Giulia Marini con la sua esperienza nell’interpretare la società cinese, i consumi e le tendenze. La sua preparazione è determinante per raccontarvi qualcosa di nuovo e curioso oltre alle classiche generalità di un mondo lontano e affascinante.

Articoli che meritano la giusta attenzione. Se siete quelli dello swipe o dallo scroll facile allora pensate a prendervi il giusto tempo e passate momentaneamente altrove. Per noi, la rubrica “Sinogramma vino” è qualcosa di peculiare su cui puntiamo molto.

Dopo un primo affascinante excursus temporale che ci ha guidato da dinastie lontane migliaia di anni da noi e poi all’epoca più moderna, abbiamo poi cercato di riassumere come abbia saputo evolversi il consumo cinese in un’epoca che ha visto altalenanti situazioni politiche rimescolare strategie economiche e società.

Quando, come e perché il vino ha riscosso un tale successo da diventare uno status symbol nella “Terra del dragone”? Cercheremo di capirlo oggi, trovate qualche minuto e un vino da assaggiare a piccoli sorsi in un luogo fresco. Buona lettura.

[la redazione]

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foto: Jupen

Il vino come status symbol cinese

Al giorno d’oggi, bere vino è un atto che sta diventando fortemente “di moda” e, anche se vi è una forte divisione fra gli amanti cinesi del vino e gli esperti, molti di loro lo consumano allo scopo di attestare il loro “status”. L’azione del bere è essenzialmente un “atto sociale, effettuato in un contesto sociale riconosciuto”[1].

Il forte legame fra il mangiare, il bere, il parlare e la socievolezza in generale, è da sottolineare e approfondire un minimo. Le preferenze consapevoli per quanto riguarda il cibo dipendono da:

«una implicita e preliminare definizione di che cosa è edibile e che cosa non lo è, e ciò cambia fra culture ed epoche, e soprattutto su ciò che viene considerato interdetto, che è collegato alle credenze che ne prevengono il consumo»[2].

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foto: Anthony Hardy

Assumere cibo e bevande assieme, può senza dubbio attivare e fortificare la solidarietà fra persone, ma accade poiché

«la commensalità innanzitutto permette che i limiti del gruppo vengano ridisegnati, le sue gerarchie interne ristrutturate e, se necessario, ridefinite»[3].

Commensalità e sociale

Potremmo suddividere la commensalità cinese in due tipologie: quella abituale e quella degna di nota (notevole). La commensalità riconosciuta come “l’eccezione” è ravvicinata al consumo del vino: non è ridotta al nucleo familiare o al circolo usuale dei colleghi, ma si estende fino alle amicizie e alle conoscenze. Può essere collegata a dei momenti particolari della vita come, ad esempio, per il Capodanno cinese o al banchetto nuziale. La commensalità eccezionale – o straordinaria o fuori norma – può corrispondere anche alla vita lavorativa e alla carriera professionale, per celebrare dei successi o degli accordi lavorativi.

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foto: ZZ Zhang

Le manifestazioni di commensalità alle quali siamo abituati, che solitamente sembrano piacevoli e amichevoli, in realtà sottolineano le funzioni primordiali e in qualche modo primitive della definizione di identità, che può infine essere descritta come “la sensazione di far parte sia di una categoria sociale che di pensiero[4].


In Cina, questa categoria è rappresentata principalmente dalla classe medio-alta e privilegiata dei consumatori di vino. I vini stranieri sono facili da reperire in Cina, il cliente finale ha moltissime opzioni di scelta, ma non tutti possono permetterseli[5]. Solitamente il vino viene consumato durante pranzi di lavoro poiché sta diventando sempre più un simbolo di ricchezza e generosità.

In questo tipo di occasioni, è prassi comune che il capo paghi per tutti e che insista ad avere sul tavolo il vino più costoso della lista, in particolar modo se uno straniero è seduto al suo tavolo. Raramente però il capo in questione si intende del vino che ha appena scelto: di solito non è importante né il sapore, né tantomeno la qualità per lui/lei, quanto piuttosto il prezzo, dato che attraverso un prodotto costoso il capo avrà modo di guadagnarsi successo e rispetto fra i colleghi[6].

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foto: Cottonbro studio

E’ bene sottolineare che soltanto una specifica e agiata parte della società ha a disposizione una liquidità tale da potersi permettere di acquistare vino in Cina. Dunque, il vino, a maggior ragione quello costoso e straniero, permette a questa branca della popolazione di dimostrare il suo alto standard di vita, che spesso va a braccetto con un contesto lussuoso.

Consumo e simbologia identificativa

I consumatori cinesi di vino stanno diventando sempre più curiosi e sofisticati nei gusti, laddove vi è la possibilità di esercitare un’educazione al vino. Inoltre, sono spesso attratti dal concetto del “Made in Italy” per le sue implicazioni di qualità, origine e italianità in generale, che si sposa con un’implicazione di status symbol vero e proprio. Basta soffermarsi a riflettere sul fatto che il vino italiano ha il 13% dei dazi di importazione, e che qualsiasi prodotto che parte dalla cantina a 10€, sulle tavole dei ristoranti cinesi arriva ad almeno 50€. Chi vuole bere decentemente, deve spendere, ma deve anche poter comprendere il vino, punto debole del marketing italiano contro i competitor degli altri paesi.

Per questa ragione, durante uno degli ultimi Vinitaly pre-pandemia, alla conferenza sull’educazione al bereChallenges of Food and Wine Pairing and Wine Descriptions”, i ruoli di “formazione” e “chiarezza del messaggio” sono stati fortemente sottolineati, e sono tutt’oggi molto validi.

Corinne Mui, educatrice WSET, spiegò in quell’occasione che i cinesi si stanno rivelando per il loro divenire «più sofisticati negli abbinamenti cibo-vino dimostrando un grande inclinazione per i vini italiani, pertanto le strategie di marketing, gli investimenti nella cultura del vino e nell’educazione ad esso sono la risposta giusta per il mercato cinese sempre più assetato di conoscenza»[7].

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foto: Ennevi foto © – courtesy: Press office Veronafiere

Gia una decina di anni fa a Montepulciano, durante il convegno internazionale “Il Vino e la Cina – Cultura, tendenze dei consumi e prospettive di mercato”, ebbi modo di ascoltare da più voci il concetto di “vino come cruciale status symbol nella società cinese”.


Riguardo alla produzione vinicola e al suo impatto sociale in Cina, il Professor Qiu Zeqi, ricercatore di stratificazione sociale e politica, riferì della percezione del vino occidentale all’interno di un’analisi sociologica. La sua teoria si basava sul fatto che non importa che cosa le persone mangino o bevano ma solo ed esclusivamente quella persona importa.

In Cina, secondo la sua ricerca di quegli anni, vi erano circa 176 milioni di bevitori e fra essi il 90% erano consumatori di sesso maschile che vivevano in aree rurali (69,4%)[8]. I bevitori cinesi erano definiti come persone fra i 20 e i 40 anni di età con un livello di educazione basso. Questo tipo di bevitori di solito favoriva i liquori (60%), il vino di riso (20%) e la birra (10%), e consumava una bottiglia di alcool a settimana.

Poche donne, secondo il Prof. Qiu, bevevano a casa dal momento che la controllavano come casalinghe, mentre gli uomini di solito bevevano fuori – per esempio ai banchetti di lavoro – perché visti come una vera e propria attività sociale con gli amici e con le istituzioni.

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foto: Nguyen Hong Quan

In quasi dieci anni dal convegno, moltissime cose sono cambiate nell’approccio dei cinesi al vino, ma non la tradizione che si mantiene in alcuni tipi di eventi istituzionali, dove era normale e lo è ancora, essere esposti a quel che si chiama “il test estremo”, dove un collega X è chiamato in causa per brindare e far vedere a tutti quanto alcol può sopportare per dimostrare la lealtà al capo e all’azienda e creare le proprie connessioni sociali di valore (guanxi 关系).

I cinesi bevono soprattutto durante eventi personali o legati alla famiglia, quali compleanni, matrimoni e funerali, ecc. Il Prof. Qiu all’epoca sottolineò un fatto che è tutt’oggi di grande importanza, cioè che differenti classi sociali hanno abitudini di consumo degli alcolici e del vino totalmente differenti, in particolar modo riguardo alla potenza alcolica e al sapore.

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foto: Luke

In dettaglio, mentre la fascia più bassa della popolazione guarda al costo effettivo della bottiglia e preferisce di gran lunga una più avvicinabile birra, il vino è preferito dalle classi medio borghesi e altolocate che si rifanno ai marchi o, talvolta, al sapore. Ciò viene definito come “sapore identitario” che può attestare l’omogeneità della stratificazione regionale e sociale[9]. Le persone tendono ad acquistare un determinato prodotto se ci si rispecchiano e, soprattutto, se si identificano con l’immagine che esso può rappresentare a loro e agli altri.


Il ruolo del cibo come un significante/simbolo e un costruttore di identità va ulteriormente rimarcato.  È strettamente collegato alla pratica di “identificazione”, che va ben oltre la condivisione di caratteristiche comuni di un gruppo o un ideale, poiché è un processo senza fine di costruzione, il mangiare e il bere sono atti estremamente cruciali alla sopravvivenza, e non solo.

Il sentimento di appartenenza attraverso il cibo o le bevande non includono solamente l’atto del consumo e della classificazione, ma anche

«la preparazione, l’organizzazione, i tabù, la compagnia, il posto, il piacere, il tempo, il linguaggio, i simboli, la rappresentazione, la forma, il significato e l’arte del mangiare e del bere»[10].

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foto: Min Che

La stretta correlazione fra identificazione e cibo/bevande può essere riscontrata in numerosi studi sociologici, antropologici, etnografici, geografici, filosofici e di genere. Il cibo e le bevande sono visti come dei fortissimi “marcatori” dei confini sociali, e le ineguaglianze di classe sono così spiegate in termini di calorie, costi e spese[11]. Le implicazioni culturali sono collegate quindi all’atto di bere inteso come sociale o alla scelta del cibo di lusso.

Infine, il complesso link fra cibo, bevande e identità appare non come un problema di semplice identificazione, ma come un complicato processo dialettico di adattamento, rifiuto e interpretazione. Questi conflitti sono strettamente connessi a fattori economici, sociali e ideologici che si possono riscontrare nel gusto crescente per i vini stranieri della società cinese, che contribuisce da solo a conferirgli un’aura da status symbol.

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Preparatevi…

Nei prossimi articoli analizzeremo gli ultimi dati sul palato cinese, dell’impatto che il marketing italiano imprime sui consumatori e apriremo una piccola finestra sull’importanza commerciale di Hong Kong.




Fonti bibliografiche

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[1] Douglas, M. (2010) “Constructive Drinking – Perspectives on Drinking from Anthropology”, Routledge, pp.3-13.

[2] Grignon, C. “Commensality and Social Morphology: An Essay of Typology” in Scholliers, P. (2001) “Food, Drink and Identity”, Berg, pp.156-162.

[3] Grignon, C. (2001) Ibidem.

[4] Grignon, C. (2001) Ibidem.

[5] Ceresa, M. “Life is holiday. Nuovi consumi e nuovi piaceri nella Cina urbana” in Abbiati, M. (2006) “Propizio è intraprendere imprese: aspetti economici e socioculturali del mercato cinese”, Venezia, Cafoscarina, p.63.

[6] Branigan, T. (2011) “The Rise of Bingee Drinking in China”, in “The Guardian”.

[7] Ceschi, A. (2015) “Cinesi curiosi e sofisticati sedotti dal brand Made in Italy” in “Wine Meridian” n.3, p.2.

[8] Qiu, Z. (2014) “Perception of Western Wine in China. A sociological analysis”, Beijing, Beijing University Press, pp.1-15.

[9] Logue, A. W., (2004) “The Psychology of Eating and Drinking – Chapter 8: You Are What You Eat and Drink”, Third Edition, Brunner-Routledge, pp.127-144.

[10] Scholliers, P (2001) “Food, Drink and Identity”, Berg, pp.23-24.

[11] Lentz, C. (1999) “Changing Food Habits”, Routledge.



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foto: Giulia Marini – fonti: vedi bibliografia
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