Guinness 0.0: 176 milioni di pinte l’anno

Il successo non si ferma e Diageo investe altri 30 milioni per raddoppiare la produzione della birra alcohol-free Guinness 0.0


Sapete che con il no-alcohol non abbiamo un rapporto così idilliaco, pur rispettando ogni pensiero e facendo informazione per tutti e con il massimo rispetto.


[si legge, più o meno, in: 2 minuti]

Ci sono poi due aspetti che teniamo sempre bene in considerazione: il primo è che il movimento del “low & no alcohol” rappresenta ormai un insieme nutrito di consumatori a cui molte aziende (soprattutto grandi) si è già avvicinata; il secondo aspetto da non sottovalutare è quello che confronta i vari prodotti dell’interalcolico: un conto è dire vino dealcolato, un altro è dire birra (sugli spirits, ovviamente, il problema non si pone neppure).

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credits: Gerd Altmann

Saremo un po’ integralisti (non ci spaventa esserne tacciati) ma se riteniamo il vino prima di tutto un universo di valori e, solo alla fine, anche una bevanda alcolica, sul tema birra siamo molto più aperti. Quanto sopra non solo perché la gradazione è decisamente più vicina allo zero ma soprattutto perché sono i contesti e le metodiche del consumo che fanno pensare alla birra come a una bevanda per cui il no-alcohol può avere un senso e lo può avere anche spesso se riflettiamo su quante volte, ad esempio, si beve birra per rinfrescarsi come se fosse proprio una bibita – se conoscete qualcuno che lo fa anche con il vino… toglietegli il saluto o fatelo esorcizzare [ndr] -.


Dove va il mercato? Giusto, dove sta andando il mercato? Beh, lo sappiamo bene e lo comprendiamo ancora meglio dopo le dichiarazioni di Diageo, una delle grandi potenze del mondo spirits & beer.

All’emittente televisiva nazionale irlandese RTE, per voce del suo Director of Beer Operations at St James’s Gate Brewery in Dublin Aidan Crowe, Diageo Ireland ha fatto sapere di puntare fortissimamente su Guinness 0.0

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Guarda il video su rte.ie

Nell’estate 2021 Guinness 0.0 fu lanciata sul mercato con grande clamore (non scordiamoci che parliamo sempre di un brand “istituzione” per un Paese intero), oggi se ne annuncia quasi il raddoppio produttivo.

St. James’s Gate è lo storico sito produttivo di Guinness, un birrificio che ha – pensate! – 264 anni di storia e che di acqua – e malto [ndr] – ne ha vista passare davvero tanta. A maggio scorso furono già annuciati 100 milioni di euro di investimenti per azzerare le emissioni di carbonio entro inl 2030 per mantenere più pure sia l’aria che le materie prime.

Va da sè che questa strategia consentirà sensibili risparmi di spesa sui futuri processi produttivi e un impareggiabile risultato d’immagine come grande marchio davvero attento alla sostenibilità e all’ambiente. Un ritorno economico e reputazionale davvero non quantificabile in positivo ma sicuramente calcolabile in uscita iniziale, certamente non esigua.

Spese che sono andate ad aggiungersi a quelle sborsate per il lancio nel 2021 di Guinnes 0.0 (oltre 30 milioni di euro) e che oggi vengono praticamente raddoppiate per puntare a produrre ben 176 milioni di pinte all’anno di Guinness 0.0 per i mercati nazionali e internazionali.

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credits: Focal Leat

La motivazione è ovvia: soddisfare una domanda sempre più crescente dei consumatori che si orientano verso la moderazione e cercano una maggiore scelta. Tra febbraio 2023 e febbraio 2024 le vendite di Guinnes 0.0 alla spina sono aumentate di quasi il 50%, capite bene che ogni commento diventa superfluo.

Un onere che Diageo si sente di sostenere – potendoci chiaramente riuscire – dopo anni di ricerca e sviluppo che hanno portato a risultati esaltanti nonostante il processo produttivo richieda due giorni in più rispetto a quello standard.

La stout più famosa al mondo ha quindi innescato il processo di trasformazione più significativo della sua esistenza, cedendo alle richieste del mercato e facendo sbiadire secoli di tradizione e di costume che nell’immaginario collettivo si trasformavano in festosi clienti assetati al lungo banco del pub fra canti, freccette, qualche litigio o, magari, scazzottata al termine di una settimana lavorativa.

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foto: Antonio Terranova

Le società cambiano, spesso si evolvono ed è naturale che sia così, così come – battute a parte – è giusto che il settore beverage si adegui e si aggiorni.

Ma la birra è birra mentre il vino è vino e… il vino non è birra. Salute!


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fonte: Diageo, RTE
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