Don Chisciotte e il sommelier errante
SPIRITI LETTERARI
“Spensierato lettore, senza ch’io te lo giuri, puoi credermi se ti dico che avrei voluto che questo libro, come figlio del mio intelletto, fosse stato il più bello, il più intelligente e geniale che si potesse immaginare. Ma non ho potuto contravvenire alle leggi della natura, secondo le quali ogni cosa genera il suo simile”.
Miguel de Cervantes, El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha.
Il tempo è splendido quella domenica del 7 ottobre 1571 mentre le placide e limpidissime acque antistanti le coste di Lepanto – l’omonima località greca non lontano da Patrasso – si preparano ad accogliere le galee che avrebbero dato vita ad una delle più grandi battaglie navali della storia.
Entrato nell’immaginario collettivo come l’evento cardine dell’argine cristiano contro il pericolo ottomano, la battaglia di Lepanto vede tra i suoi protagonisti anche il soldato di fanteria Miguel de Cervantes che, a fine serata, quando la flotta ottomana è stata ormai completamente distrutta dalle navi della Lega Santa, è tra i pochi sopravvissuti alla carneficina, anche se ha perso l’uso della mano sinistra a causa di un colpo di archibugio.
Davvero uno strano caso del destino: Cervantes solo poco tempo prima era riuscito, fuggendo in Italia, ad evitare una condanna che prevedeva il taglio, questa volta, della mano destra, con gran sollievo di tutti i lettori del suo capolavoro il “Don Chisciotte” o più precisamente El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha.
Miguel de Cervantes
Miguel de Cervantes nasce nel 1547 ad Alcalà de Henares, un piccolo borgo non lontano da Madrid, in una famiglia con scarsissimi mezzi economici. Dopo i primi studi e le acerbe sperimentazioni letterarie, decide di intraprendere la carriera del soldato che lo vede impegnato per molti anni tra la Sicilia, la Tunisia e la Grecia.
Imprigionato dai pirati durante il viaggio di ritorno dallo scontro di Lepanto, viene liberato dopo cinque anni, in seguito al pagamento di un riscatto. Ritornato finalmente in Spagna, rimane travolto da una serie di infauste vicende, bancarotta fraudolenta e illecito amministrativo, accuse che gli valgono l’incarcerazione a Siviglia.
Siamo nel 1602, Cervantes ha 55 anni e inizia, proprio in carcere, a scrivere il suo capolavoro che pubblica nel 1605, una volta tornato in libertà. La seconda parte del romanzo, invece, viene pubblicata nel 1615.
Il libro di Cervantes, con le sue tredici edizioni e un totale di circa 12.000 copie vendute, diventa fin da subito un grande successo letterario e ancora oggi è uno dei romanzi più venduti nella storia dell’editoria.
Con estro e straordinaria abilità narrativa, Cervantes celebra le avventure “cavalleresche” di Don Chisciotte della Mancha, un bizzarro “Cavaliere errante” uscito di senno, come ci informa lo stesso autore, per aver letto e riletto più di “100 libri” sulla cavalleria (eventualità oggi difficilmente ripetibile, almeno, in Italia vista la scarsissima propensione alla lettura!).
Le esilaranti gesta del nostro eroe, in compagnia del fido scudiero Sancho Panza e sotto la protezione di Dulcinea del Toboso, donna dalla bellezza indicibile, diventano l’espediente per raccontare, tra l’altro, luoghi e persone di una Spagna lontana dai grandi centri del potere, quella delle osterie, delle locande, dei pecorai, dei caprai, di gente insomma che si ingegna come può per avere una vita decente, con un evidente richiamo autobiografico alle traversie vissute dallo scrittore.
E forse proprio attingendo all’esperienza personale, Cervantes (appassionato intenditore di vini di cui, probabilmente, aveva trattato la vendita in uno dei suoi tanti e sfortunati incarichi commerciali) arricchisce la sequenza narrativa del romanzo con molteplici richiami al bere.
Del resto, siamo in un’area geografica dove la vite, importata probabilmente dai Cartaginesi, produce vini che già dal III sec. a.C. hanno valicato i confini nazionali grazie alla dominazione romana.
Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, con l’arrivo dei Visigoti, la coltivazione della vite e il relativo consumo del vino fanno ormai parte della vita quotidiana della terra iberica. Così, anche durante la lunghissima dominazione araba, conclusasi alla fine del 1400 quando Isabella di Castiglia impugnando un crocefisso entra vittoriosamente a Granada, le comunità locali continuano a consumare vino, nonostante i numerosi divieti, mentre gli Arabi, proprio perché il Corano vieta il consumo dell’alcol ma non quello dell’uva, preservano i vigneti per gustarne i grappoli maturi come frutta.
Nelle consuetudini alimentari della Spagna del XVI e XVII secolo – periodo in cui si svolge la vita di Miguel de Cervantes – il vino continua ad avere una grande diffusione e la sua produzione, sollecitata da una forte domanda interna e internazionale (soprattutto da Inghilterra e Olanda), è in grande ascesa. Accanto al commercio del sack o seck, l’antenato dello sherry che da Jerez viaggiava fino all’Inghilterra, il consumo del vino viene spinto fortemente in avanti soprattutto dalla sua diffusione nel mercato interno.
Il vino nell’opera
Non stupisce quindi che nel Don Chisciotte il vino sia molto presente e quasi sempre citato come accompagnamento ai cibi. Così, ad esempio, in un tavolo apparecchiato al fresco, davanti all’ingresso di un’osteria, viene servita al nostro Cavaliere errante:
“una porzione di baccalà mal rammollito e peggio cucinato ed un pane tanto sporco e nero quanto le sue armi… Ma dargli da bere non sarebbe stato possibile se l’oste non avesse forato una canna di cui gli mise un’estremità in bocca, mentre dall’altra gli versava il vino”.
Ma il vino è un ingrediente indispensabile per preparare anche un unguento medicamentoso dagli effetti miracolosi, capace di curare ogni sorta di ferita subita dai “Cavalieri erranti” nelle loro incredibili avventure:
“Signore – dice Sancho Panza – chiunque lei sia ci faccia la grazia di darci un po’ di rosmarino, olio, sale e vino, giacché ne ho bisogno per curare uno dei migliori cavalieri erranti che ci siano sulla terra”.
Infine, durante il riposo tra una mirabolante avventura e un’altra, il vino può essere degustato con fine attenzione. Così, seppur affaccendato a seguire Don Chisciotte nelle sue mille peripezie, il fedele Sancho Panza trova il tempo per sfoderare le sue (imprevedibili) qualità di assaggiatore di vini, quasi come un provetto sommelier:
-“Ma mi giuri, signore, su quello che ha di più caro, questo non è un vino di Ciudad Real?
-Ottimo assaggiatore rispose quello…. A dire la verità viene proprio da lì e ha pure qualche anno di invecchiamento
-E ne dubitava? – disse Sancho. – Non pensi che mi sia sforzato più di tanto per riconoscerlo. Non le pare vero… che abbia un istinto così profondo e naturale nel riconoscere i vini, tanto che mi basta odorarne uno qualunque per indovinarne l’origine, la casa, il sapore, l’età e i travasi che ha avuto oltre a tutte le altre caratteristiche? … Tra i miei antenati per parte di padre ci sono due tra i più eccellenti assaggiatori che ci siano mai stati nella Mancha”.
Se, nonostante tanta perizia, è lecito nutrire qualche dubbio sull’esperienza gustativa fornita dai vari vini consumati dai nostri protagonisti, è doveroso segnalare che, oggi, la zona della Mancha, produce vini davvero interessanti. In più, con i suoi 192 Comuni, divisi in quattro provincie, la DO Mancha rappresenta la più estesa area vitivinicola a denominazione del mondo, distribuita su una grande pianura sedimentaria con terreno calcareo, clima molto secco e temperature estreme con forti escursioni termiche, tutti fattori favorevoli per produrre vini di elevata personalità.
Miguel de Cervantes oggi ne sarebbe orgoglioso e forse si guarderebbe bene dall’inserire uno di questi nobili vini negli ingredienti di un improbabile unguento dagli effetti miracolosi per i “Cavalieri erranti”.
Miguel de Cervantes, El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, versione in audiolibro, seconda edizione integrale, letta da Claudio Carini (Audible).
prendete appunto:
l’opera | El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha |
l’autore | Miguel de Cervantes |
la bevanda | Vino |
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