Al 44° Forum Cultura olio e vino FIS, il Presidente Mattarella indica la via che lega qualità con territorio, commercio e pace.
C’è poco da fare: l’autorevolezza, la pacatezza e il carisma del Presidente della nostra Repubblica ispirano un rispetto assoluto e così trasversale che fatichiamo a ritrovarlo tale per altre paritetiche figure politiche che si sono succedute alla guida del Paese nei decenni.
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Sergio Mattarella è intervenuto al 44° Forum della Cultura dell’olio e del vino (e Festa delle 5 gocce Bibenda 2025) di Fondazione Italiana Sommelier a Roma con parole che hanno ripercorso la storia della qualità enogastronomica e agricola italiana degli ultimi quarant’anni guardando alla situazione odierna e alle prossime sfide che attendono i viticoltori.
«Chi non è più giovane ricorda la triste vicenda del metanolo quasi 40 anni fa, con vittime, invalidità permanenti, tanti intossicati. Allora Governo e Parlamento intervennero con decisione, modificando regole di tutela ma a prendere coscienza furono soprattutto gli operatori del settore che, con la loro azione – con l’enologia divenuta una scienza – hanno assicurato immagine e prestigio al settore vitivinicolo.
I vostri sono settori consapevoli di quanto l’impegno verso la qualità, con la salubrità degli alimenti, rechi beneficio ai comparti agricoli italiani, incrementando il valore delle produzioni, aprendo mercati all’estero, conquistando a vino e olio, in particolare, la responsabilità di rappresentare, nel mondo, un modo di essere italiani.
Contribuendo alla stessa domanda di Italia nel mondo. L’agroalimentare, oggi – accanto alla cultura, al design, alla tecnologia – costituisce veicolo e attrattiva del modello di vita italiano».
Già, il metanolo… e l’inizio del rilancio che ha portato oggi la DOP economy a essere considerata un vero fiore all’occhiello, un valore assoluto da tutelare per il bene sociale ed economico della nazione.
Il Presidente si è soffermato sugli aspetti che pongono il settore agricolo a essere un motore cruciale per l’integrazione europea e per la valorizzazione dei territori, in particolare nelle aree rurali e periferiche, dove la produzione di vino ha un impatto determinante nella quotidianità.
Una tradizione che si è aperta alla modernità produttiva, ed è riconosciuta come un fattore di sviluppo per il futuro, in particolare nelle sfide legate ai cambiamenti climatici e alla protezione delle biodiversità. Ci piace particolarmente l’ultima frase dell’inciso che vi riportiamo:
«Filiere, quindi che mettono insieme territori, saperi, professionalità, sostenibilità e salubrità, capacità di marketing e realizzano, così, un valore immateriale che va oltre gli addetti ai lavori, gli stessi consumatori, generando beni comuni. Elementi vitali per comunità gravate, spesso, nel secondo dopoguerra, dal fenomeno dell’abbandono delle terre. Dunque anche il valore del recupero di vita per le aree rurali e interne del nostro Paese. Produrre significa, infatti, abitare un luogo, averne cura».
Nel suo discorso, Mattarella non ha mancato di citare luoghi e figure del passato, da Paolo Desana a Mario Soldati, confermando quella via che per molti è l’unica da percorrere per gli anni a venire se vogliamo salvaguardare il sistema:
«Il futuro non si costruisce vivendo di nostalgie. Varrebbe anche per gratuite tentazioni di nostalgia alimentare: oggi i cibi sono sicuramente più salubri e controllati di un tempo. I progressi avvengono raramente per caso. Sono, piuttosto, frutto di intuizione, studio, determinazione, impegno, capacità di operare facendo sistema. L’agricoltura non fa eccezione […]
Desana, – internato militare italiano nei lager tedeschi per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò dopo l’8 settembre 1943 – fu espressione del Monferrato – terra a schietta vocazione vinicola – e protagonista di una battaglia parlamentare che definì l’impianto legislativo, poi riassunto a livello europeo. Desana fu, altresì, colui che propiziò la prima riflessione organica sulle aree collinari nel dopoguerra, con il convegno nazionale convocato a Cerrina Monferrato nel 1955. Alla sua azione e alla sua figura va reso omaggio.Mario Soldati cantore del rapporto tra paesaggi, uomini, donne, case e casali, vigne, cibo, sottolineava per il vino – ma può applicarsi a qualsiasi produzione agricola di qualità – che esso si gusta e si capisce soltanto quando si entra in confidenza con l’ambiente dove è nato. Non può essere un oggetto staccato e astratto, separato dal suo luogo.
Questa è la ragione delle nuove fortune per i luoghi di produzione, interessati da un turismo attento ed esigente. Ecco il senso dell’ulteriore apporto solidale che vino ed olio offrono ai territori di elezione e alla loro gente. Le risorse alimentari, in tempi come quelli che viviamo, con la guerra ai confini dell’Europa, acquisiscono ancora più valore».
Nel suo intervento, il Presidente non ha poi mancato di far cenno anche alle preoccupazioni per paventate azioni di protezionismo e ai rischi per l’export, sottolineando l’importanza dei mercati aperti per garantire la pace e la cooperazione internazionale, anche sulla base di ciò che il settore agroalimentare ha sempre rappresentato per l’Italia.
«Sappiamo che la nostra Costituzione è l’unica del suo tempo a dedicare un articolo al settore primario e alle condizioni necessarie a promuoverne lo sviluppo: l’art. 44. Il Trattato di Roma del 1957 che diede vita a quelle allora chiamate Comunità Europee, all’art.39, poneva per la futura agricoltura del continente, gli obiettivi di:
- incrementare la produttività agricola;
- assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, con il miglioramento del reddito di coloro che
- lavorano in agricoltura;
- stabilizzare i mercati;
- garantire sicurezza degli approvvigionamenti;
- assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.
Così l’agricoltura divenne – e rimane – un motore dell’integrazione europea, una chiave per politiche, oltre che produttive, volte alla salvaguardia della salute dei consumatori e alla promozione dei territori e delle popolazioni in essi insediate.
Nuove nubi, nel frattempo, sembrano addensarsi all’orizzonte, portatrici di protezionismi immotivati, di chiusura dei mercati dal sapore incomprensibilmente autarchico, che danneggerebbero in modo importante settori di eccellenza come quelli del vino e dell’olio. Produrre per l’auto-consumo ricondurrebbe l’Italia all’agricoltura dei primi anni del Novecento.
Commerci e interdipendenza sono elementi di garanzia della pace. Nella storia la contrapposizione tra mercati ostili ha condotto ad altri più gravi forme di conflitto. I mercati aperti producono una fitta rete di collaborazioni che, nel comune interesse, proteggono la pace».
Qualità, valorizzazione, commercio, pace: le quattro parole chiave principali di un intervento intriso di significato profondo. Non originalissimo ma forte come macigno per pertinenza e caratura. Occorre fissarselo bene nella mente, lo facciano anche i superficialotti dal consenso facile.
E poi servirà sacrificio, da parte di tutti, ma ne usciremo perché l’Italia (pur con tutti i suoi difetti) rimane l’Italia: con la sua DOP economy ma, soprattutto, con il suo genio e la grande forza di volontà nei momenti più difficili.
fonte: Presidenza della Repubblica
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