Il vino Porto, anima del Portogallo, nell’opera
“Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi
SPIRITI LETTERARI
Esattamente 77 anni fa, il 24 settembre 1943, nasceva Antonio Tabucchi, intellettuale italiano che ha saputo, attraverso il suo pensiero e le sue opere, influenzare le coscienze civili della nostra epoca. Lo ricordiamo oggi, su spiritoitaliano.net, con il prezioso tributo del prof. Antonio Scollo che a lui (al Porto e al Portogallo) dedica il nuovo articolo della rubrica Spiriti letterari. [ndr]
In una casa portoghese stanno bene
pane e vino in tavola.
Se qualcuno umilmente bussa alla porta,
viene a sedersi a tavola con gli altri.
È tipica questa generosità,
che il popolo non dimentica mai.
L’allegria della povertà
sta in questa grande ricchezza
di dare e esserne felice.
(Uma Casa Portuguesa,
testo di Reinaldo Ferreira e Vascos Matos Seuqeira, musica di Artur Fonseca)
Già dalle prime righe del testo, la bellissima canzone Una casa portoghese, tra le più elevate espressioni canore dell’anima portoghese, riesce a inquadrare alcuni degli elementi peculiari di questa popolazione: il valore dell’ospitalità – che connota tutta la cultura mediterranea di diretta discendenza dalla xenìa della Grecia antica – la forza della generosità, la visione positiva della povertà non come ostacolo alla felicità ma espressione di frugalità e condivisione – e, infine, il pane e il vino come alimenti essenziali della vita quotidiana.
Per tutti questi motivi e per parlare di vino Porto, oggi “Spiriti letterari” si sposta in Portogallo, splendido paese mediterraneo che pochi scrittori italiani sono riusciti a penetrare così bene in tutte le sue sfumature così come ha fatto Antonio Tabucchi, autore del romanzo “Sostiene Pereira”, affresco dolente del Portogallo nel 1938, in piena dittatura Salazarista, con potenti afflati di riscossa civile, morale e intellettuale.
Antonio Tabucchi
Antonio Tabucchi, docente universitario, critico letterario, eccellente traduttore, intellettuale italiano e di respiro europeo, a mio avviso, capace, come lo era stato Pier Paolo Pasolini, di incidere sulle coscienze civili, nasce a Pisa il 24 settembre del 1943 e fin da subito mostra il suo interesse per la lettura e per i classici.
Nel 1964, durante un soggiorno a Parigi, avviene l’incontro letterario col poeta portoghese Fernando Pessoa, scoperto attraverso l’acquisto di un volume in una bancarella. Da qui ha inizio l’interesse crescente dello scrittore verso il Portogallo che diventerà una costante dei suoi studi e del suo lavoro culturale.
Vincitore del Premio Strega nel 1973 col romanzo Piazza d’Italia, edito da Bompiani, nel 1977, a coronamento dei suoi interessi verso la cultura portoghese, fa parte del gruppo di lavoro che cura l’edizione dei “Quaderni Portoghesi”.
Antonio Tabucchi – Rebeca Yanke, Wikimedia Commons (CC BY-SA 2.0),
Negli anni seguenti pubblica con alcune delle più importanti Case editrici italiane (Mondadori, Sellerio, Feltrinelli) e dal 1987 al 1988 dirige l’Istituto di Cultura italiana a Lisbona. Collaboratore di molti giornali italiani e stranieri tra cui “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica” “L’Unità'”, “Il Manifesto”, “Il Fatto Quotidiano”, “Le Monde”, “El País, “Allgemeine Zeitung”, nel 2000 viene proposto come candidato italiano al Premio Nobel.
Muore nel 2012 nella sua amatissima Lisbona quando il suo tenace animo intellettuale viene definitivamente sconfitto da una malattia senza cura.
Nel 2019 Antonio Tabucchi entra definitivamente nel tempio degli scrittori con la pubblicazione di tutte le sue opere nella prestigiosa collana “I meridiani” di Mondadori.
Sostiene Pereira
“Sostiene Pereira”, libro pubblicato da Feltrinelli nel 1994, colleziona subito molti riconoscimenti nei vari premi a cui partecipa, tra questi il Super Campiello.
Colpisce profondamente il lettore la maestrìa di Tabucchi nel narrare, con punte di elegantissima ironia, gli avvenimenti amari della vita quotidiana del Portogallo durante il regime dittatoriale instaurato da António de Oliveira Salazar.
Intorno al protagonista, il Dottor Pereira, responsabile della pagina culturale del Lisboa, Tabucchi mette in scena i personaggi come tasselli di un unico puzzle per comporre la tavolozza dei sentimenti umani.
Intorno al protagonista, il Dottor Pereira, responsabile della pagina culturale del Lisboa, Tabucchi mette in scena i personaggi come tasselli di un unico puzzle per comporre la tavolozza dei sentimenti umani.
L’incedere narrativo fa così emergere il distacco dello stesso Pereira, convinto di poter rimanere semplice spettatore dei tragici avvenimenti che lo circondano, confortato in questo dai commoventi dialoghi quotidiani con la fotografia della moglie deceduta.
All’immobilità di Pereira si contrappone l’irruenza del giovane Monteiro Rossi – che a costo della vita decide di reagire ai mali della dittatura – e la tenace determinazione della bella Marta, fidanzata di Monteiro Rossi.
Intorno a loro si muovono figure solo apparentemente secondarie come il Dottor Cardoso, medico curante di Pereira che anela di lasciare il Portogallo per poter vivere nella libera Francia e Manuel, il cameriere del Café Orquídea di Lisbona luogo in cui Pereira consuma il suo pasto preferito ovvero omelette alle erbe e limonata, ben zuccherata e consumata in gran quantità.
Ognuno di questi personaggi giocherà un ruolo fondamentale nella metamorfosi di Pereira che alla fine, scosso dalla morte del giovane Monteiro Rossi, capisce che non è più moralmente accettabile vivere da semplice osservatore degli avvenimenti.
il Porto che risveglia la coscienza di Pereira
Da questo punto di vista è esplicativo uno dei dialoghi tra il Dottor Pereira e Marta:
«[…] Pereira si accomodò al tavolo e chiese a Marta se prendeva un aperitivo. Marta rispose che avrebbe bevuto volentieri un Porto secco. Pereira chiamò il cameriere e ordinò due Porto secchi. […] So che lei è stato un grande appoggio per Monteiro Rossi e suo cugino, disse Marta […] lei è stato veramente magnifico dovrebbe essere dei nostri. Pereira sentì una lieve irritazione, sostiene, e si tolse la giacca. Senta signorina, replicò, io non sono né dei vostri né dei loro, preferisco fare per conto mio […]. Marta bevve un sorso di vino porto e disse: noi non facciamo la cronaca, dottor Pereira, è questo che mi piacerebbe lei capisse, noi viviamo la Storia».
La citazione del nome del vino durante il romanzo non è evidentemente casuale ma sembra evidenziare una funzione quasi propiziatoria capace di innescare nel mite Pereira l’elaborazione del cambiamento.
Forse proprio per questo motivo, il Porto, vino bandiera del Portogallo, entra in scena nel romanzo quando la narrazione è vicina ad una svolta.
Con uno straordinario sincretismo tra un prodotto strettamente legato alla cultura popolare e la riscossa del Paese, Pereira ordina il porto mentre ascolta le parole appassionate di Marta e il suo personaggio comincia a maturare una consapevolezza mai avuta prima; lo ritroviamo a bere lo stesso vino quando, dopo la morte di Monteiro Rossi, decide di prendere definitivamente posizione contro lo stato delle cose:
«[Pereira] si fermò al Café Orquídea e pensò che aveva tempo di sedersi cinque minuti e prendere una bibita. Una limonata, dottor Pereira?, chiese il sollecito Manuel mentre lui si accomodava al tavolo. No, rispose Pereira, prendo un Porto secco, preferisco un Porto secco. … Manuel gli mise il bicchiere e gli lasciò la bottiglia».
l’anima del Portogallo
Il Porto, che prende il nome dall’omonima città del Portogallo, cominciò ad essere conosciuto dapprima grazie agli Olandesi che nel 1675 iniziarono ad acquistare al mercato di Oporto il vino rosso proveniente dall’alta valle del Douro e poi, soprattutto, per opera dei mercanti inglesi spinti a commerciare col Portogallo a causa dell’embargo con la Francia dovuto alla guerra tra la stessa Francia e l’Inghilterra, iniziata nel 1672.
Si trattava in generale di un vino di bassa qualità venduto sulle panchine di Oporto in contenitori che definire inadatti è poco.
Solo quando i primi mercanti, agli albori del 1700, arrivarono nella valle del Douro poterono rivoluzionare la produzione del Porto, iniziando a migliorarla.
Era un vino non ancora rinforzato ma in ogni caso di grande struttura, arrivando a toccare i 14/15 gradi.
Durante i primi trent’anni del 1700, il monopolio inglese sul vino della Valle del Douro si consolidò spingendo questo vino ad essere molto conosciuto nella stessa Inghilterra.
Nel XIX° secolo avvenne la svolta: gli esportatori iniziarono a comprare le quintas nell’Alta Valle del Douro.
Da allora il Porto, già addizionato di brandy e con tempi di invecchiamento in botte sempre più lunghi, cominciò a cercare una sua strada per affermarsi.
“Nel 1850 il micidiale oidio fece la sua comparsa anche nella valle del Douro imponendo, come in tutta l’Europa, un diverso modo di concepire la coltivazione della vite e la produzione del vino.”
(Hugh Johnson, Il vino, storia, tradizioni, cultura, Roma, 2001 seconda ed.)
Da suoli di basalto e granito di origine vulcanica della Valle del Douro, nel nord del Portogallo a circa 100 km da Oporto, su un territorio di 250.000 ettari, suddiviso nelle tre sotto regioni Baixo Corgo, Cima Corgo e Douro superior, le uve Tinta Barroca, Tinta Cão, Tempranillo, Touriga Francesa e Touriga Nacional – per la versione in rosso – e le uve Malvasia fina, Folgasao, Gouveio – per la versione in bianco – danno vita ad un vino dolce di notevolissimo spessore ed eleganza.
Vino molto versatile grazie alle sue varie tipologie, adatto per l’aperitivo nella versione white (strepitoso anche con le polpette di baccalà alla portoghese), fino all’abbinamento con piatti a base di carne (anatra), formaggi erborinati, dolci, cioccolato, in base alle diverse versioni Ruby, Tawny, Late Bottled Vintage e Vintage.
Analogamente, per rimanere in tema di abbinamenti, le vicende del Dottor Pereira possono essere piacevolmente accompagnate con un buon bicchiere di Porto: per la versione cartacea del libro di Antonio Tabucchi nell’edizione di Feltrinelli del 2019 consiglio un bicchiere di Tawny, mentre per la lettura su libro digitale la scelta potrebbe ricadere su un Ruby.
È molto coinvolgente anche l’audiolibro letto meravigliosamente dall’attore Sergio Rubini, da ascoltare sorseggiando un White.
Esiste anche una struggente versione cinematografica del libro con Marcello Mastroianni nella parte del Dottor Pereira per la regia di Roberto Faenza, una delle ultime apparizioni del grande attore prima della morte.
In tal caso, comodamente seduti, consiglio di accompagnare la visione del film con un bicchiere di eccellente Vintage.
Per gli astemi è d’obbligo accompagnare la lettura e l’ascolto del libro come anche la visione del film con una limonata, la bevanda cara al protagonista.
Liberdade!
Una canzone mi ha dato modo di introdurre il mio scritto e con una canzone vorrei concluderlo.
In un giorno di fine aprile del 1974, 36 anni dopo gli avvenimenti narrati nel libro di Tabucchi, accadde l’impensabile: un giovanissimo ufficiale di Cavalleria, Fernando Josè Salgueiro Maia, alla testa di una parte delle forze armate portoghesi, in poco meno di sedici ore pose fine alla più lunga dittatura d’Europa quella dell’Estado Nuevo istituito nel 1932 da António de Oliveira Salazar.
Questo fu infatti il tempo intercorso tra lo scoccare del segnale convenuto per la sollevazione rappresentato dalla messa in onda alla radio della canzone patriottica Grândola, vila morena fino alla resa di Marcelo Caetano, l’ultimo dittatore succeduto a Salazar. Era iniziata quella che la storia ricorderà come la Rivoluzione dei Garofani.
Per la cronaca, quel giorno che ridiede la libertà al popolo portoghese era il 25 aprile.
prendete appunto:
l’opera | Sostiene Pereira |
l’autore | Antonio Tabucchi |
la bevanda | Vino (Porto) |
[su_tooltip style=”dark” position=”top” title=”consigliato ai cultori alcolici” content=”(1*) anche no… (2*) mah, volendo… (3*) consigliato (4*) altamente consigliato (5*) rigorosamente da leggere”]consigliato ai cultori alcolici*[/su_tooltip] | |
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