Una nuova rubrica per capirne di più sulle uve PIWI e sulle tecniche moderne di selezione. Iniziamo… dalla pianta.

RADICI FUTURE


Un tema di attualità che ancora divide ma che, probabilmente, fra qualche anno saprà mettere d’accordo un po’ tutti.


[si legge, più o meno, in 4 minuti]

Cambiamento climatico, razionalizzazione delle risorse, ricerca ampelografica che esula dalla sperimentazione su cloni dello stesso vitigno e va verso nuove varietà che consentano di tenere il passo fra eventi atmosferici estremi, materie prime costose e mercati che non stanno brillando e non promettono di farlo a breve.

Spirito Italiano piwi,selezione
credits: Lisa M

Se da una parte il traino enoturistico spinge i territori della grande tradizione e dei grandi investimenti, dall’altra c’è una realtà più “silenziosa” che combatte con le difficoltà quotidiane della viticoltura “nuda e cruda”.

Troviamo il tema PIWI altamente pregnante, moderno e sensato nel momento in cui si capisca che non tutti i luoghi della tradizione possono e potranno proseguire con i vitigni autoctoni e che occorra preservare il lavoro nel momento in cui il legame identitario uva-territorio non sia estremamente simbiotico da secoli.

Il clima cambia, il mondo cambia, le abitudini cambiano così come le aspettative. Guai a chi tocca la grande tradizione ma guai anche a chi si fodera gli occhi di prosciutto solo perché spaventato da una parola di quattro lettere acronimo di pilzwiderstandfähig.

E’ per questo che ci siamo rivolti alla nostra giovanissima e preparata specialista del settore Matilde Cappelli, per conoscere meglio – ovviamente in stile chiaro e fruibile per i lettori – il mondo PIWI, le varietà e gli utilizzi in vitivinicoltura.

Iniziamo da oggi, partendo dall’abc, un articolo che farà da introduzione a quelli che saranno i prossimi contributi… Buona lettura!

[La redazione]

Spirito Italiano piwi,selezione
credits: Luca C.

I vitigni nascono dalle barbatelle: ma come vengono prodotte le barbatelle?

La variabilità genetica in viticoltura è vista come una risorsa che va valorizzata e regolamentata tramite la selezione clonale, ovvero un processo di certificazione genetica e sanitaria.

La selezione clonale in Italia è stata attuata a partire dal 1950 ed è utilizzata per caratterizzare ed identificare le piante di vite.

vigneto matilde cappelli spirito italiano
foto: MC ©

Il protocollo tecnico definito nel DM 24/06/08 pubblicato sulla GU n. 195 del 21/08/2008 è caratterizzato dalle seguenti fasi:

  • Individuazione di piante con probabili mutazioni che le differenziano per uno o più caratteri (ad esempio, forma, compattezza e dimensione del grappolo);
  • Taglio di alcuni tralci per verificare lo stato sanitario attraverso test immunoenzimatici (ELISA) ed eventuale scarto di piante che presentano virosi;
  • Impianto di almeno 24 viti, divise in due o più parcelle, situate in una zona vocata e di diffusione del vitigno analizzato;
  • Descrizione dei principali caratteri morfologici e fenologici;
  • Rilievi nel campo di confronto clonale, rispetto a un testimone, delle attitudini agronomiche e produttive del presunto clone;
  • Analisi per circa tre anni della composizione del mosto ottenuto dal candidato clone rispetto a un testimone;
vivai rauscedo matilde cappelli spirito italiano
Microvinificazione Vivai Rauscedo – foto: MC ©

  • Microvinificazione per almeno due anni con analisi chimiche sia dopo stabilizzazione che imbottigliamento;

  • Analisi sensoriali effettuate da un panel di esperti;

  • Analisi biomolecolari per verificare la variabilità genetica;

Alla fine di questo processo, i cloni omologati devono essere conservati per verificare che le caratteristiche per cui sono stati selezionati non mutino nel tempo.

vino piwi pinot kors
Laboratorio per panel esperti su uva PIWI Pinot Kors – foto: MC ©

Selezione clonale vs selezione massale

La selezione clonale è molto lunga e costosa e nel tempo è stata sostituita dalla selezione massale che si basa sulla propagazione di tralci di piante selezionate e le selezioni in campo devono essere condotte per più anni.

La principale differenza tra le due tecniche è che nella massale le viti selezionate provengono da quelle presenti nell’azienda e quindi vengono verificate le caratteristiche direttamente nella zona in cui verrà impiantato il vigneto.

Numerosi studiosi hanno intrapreso un lungo processo di “miglioramento genetico“, ossia quell’attività che prevede l’incrocio o breeding tra genotipi differenti con l’obiettivo di avere un materiale omogeneo, esente dalle principali malattie, da fornire al mercato vitivinicolo ma anche per ottenere nuovi vitigni.

Nuovi vitigni

L’ottenimento di nuovi vitigni può essere effettuato in tre differenti modi:

  1. Incrocio intraspecifico: l’unione tra individui appartenenti alla stessa specie, (Vitis vinifera) in modo da poter migliorare le caratteristiche fenologiche dei nuovi genotipi. I vitigni più diffusi ottenuti con questa tecnica sono: Manzoni bianco, Muller Thurgau e Kerner per la produzione di vino; Italia, Victoria, Matilde e Red Globe, per la produzione di uva da tavola.
  2. Incrocio interspecifico: l’unione tra individui appartenenti a specie diverse. Ottenimento di nuovi genotipi per incrementare la resistenza alle avversità biotiche e/o abiotiche. Grazie all’ibridazione tra Vitis vinifera con specie provenienti dall’Estremo Oriente si ottengono individui resistenti al freddo mentre le specie americane vengono impiegate per l’ottenimento di genotipi resistenti a peronospora e oidio.
  3. Ottenimento di nuovi portainnesti: generalmente si incrociano specie di vite differenti (Vitis berlandieri, Vitis rupestris e Vitis riparia). Questo consente alla vite di sopravvivere alla fillossera.
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Barbatelle Vivai Rauscedo – foto: MC ©

Processo produttivo in vivaio

Fondamentale è il ruolo dei vivai che grazie ad elevate tecnologie sono in grado di rispondere alla forte richiesta di materiali certificati sia da parte di mercati europei che di altri continenti.

Oggi è indispensabile ottimizzare le fasi di produzione e diversificare vitigni e portainnesti, Veneto e Friuli-Venezia Giulia hanno la concentrazione più alta di aziende vivaistiche ma… quali sono le fasi di produzione in vivaio?

Spirito Italiano piwi,selezione
Campo di piante madri – Palliotti A., Poni S., & Silvestroni O., Manuale di viticoltura, Edagricole, 2018 – foto: MC

Le fasi, in sintesi:

  • Vigneti di piante madri per portainnesti e marze con materiale di base, allevate con differenti sistemi come ad esempio quelli palificati.
  • Raccolta dei tralci a gennaio da destinare alla produzione di talee da innesto o per barbatelle franche;

  • Il materiale raccolto deve essere conservato in modo tale da evitare la disidratazione e l’attacco di marciumi fungini ma deve anche mantenere le gemme in stato di quiescenza.

  • Le barbatelle, infine, per essere commercializzate devono avere un’etichetta che permetta di identificare il materiale e il produttore.

Il colore dell’etichetta definisce infine la categoria del materiale:

  • Bianco: materiale di moltiplicazione, esente da virosi ed iscritti al catalogo nazionale. Utilizzato dai vivaisti per realizzare i campi di piante madri per produrre il materiale “certificato”

  • Azzurro: materiale di moltiplicazione certificato, destinato ai viticoltori con indicazione dell’origine genetica e l’esenzione dalle principali virosi

  • Arancione: materiale di moltiplicazione “standard”, senza alcuna certificazione sanitaria, viene ammesso in caso di mancanza di materiale certificato o per vitigni a limitata diffusione con cloni non ancora omologati.
Spirito Italiano piwi,selezione
Etichette per barbatelle innestate – Palliotti A., Poni S., & Silvestroni O., Manuale di viticoltura, Edagricole, 2018 – foto: MC

Nei prossimi articoli proseguiremo questo viaggio tra natura e innovazione, alla scoperta di come prendono vita le barbatelle di vitigni resistenti (PIWI). Vi aspetto, per raccontarvi la nascita di nuove radici.

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foto: Matilde Cappelli ©
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