Ruffino: 1 milione di bottiglie ferme

Un milione di bottiglie Ruffino per gli USA sono ferme per disdetta. Il problema adesso è l’incertezza e poi chissà…


Il problema è gigantesco a livello nazionale, non possiamo fare finta di niente”. Sono le parole del presidente e A.D. di Ruffino 1877 Sandro Sartor rilasciate al quotidiano La Nazione.


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Ci spiace rimanere così spesso sul tema ma capite che fino a metà aprile l’andazzo sarà questo perché c’è in gioco tanto, non tutto ma molto di più di ciò che si racconta. Che poi i dazi vengano davvero applicati, sospesi o revocati, è di fatto l’incertezza (come sempre accade, del resto, nel commercio) a sbaragliare carte e previsioni d’investimento.

Nonostante l’eventuale entrata in vigore delle misure economiche sia stata posticipata dall’inizio alla metà di aprile, Sandro Sartor ha sottolineato di quanto, per la sua azienda, gli effetti negativi siano già visibili. Temendo l’applicazione del 200% di dazi sulle bottiglie di vino, in America hanno infatti già annullato una gran parte di ordini e – lo immaginerete – non sono certamente numerini.

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credits: Svklimkin

Sappiamo da giorni, ad esempio che l’USWTA (US Wine Trade Alliance) ha consigliato caldamente (qui l’articolo di WineSpectator) di fermare subito l’importazione di vino dall’UE per alto rischio di dazi e una delle compagnie di vasto smercio come Total Wine l’ha presa subito in parola.

Nel particolare, Ruffino, si ritrova con un numero imprecisato di merce bloccata nei magazzini di Livorno, quasi un milione di bottiglie ferme in deposito a causa della sospensione degli ordini. Se pensiamo che il brand toscano esporta ogni anno circa 10 milioni di bottiglie di vino negli USA, secondo Sartor, la potenziale perdita annuale si attesterebbe sui 60 milioni di euro.

La situazione rischia di danneggiare non solo Ruffino, ma anche l’intero settore vinicolo italiano, con il pericolo che nei prossimi mesi gli scaffali statunitensi siano privi del nostro vino. Per cercare di mitigare il danno, alcune aziende (oltre a Ruffino, un altro esempio è Arnaldo Caprai) hanno accumulato scorte nei magazzini degli importatori americani, ma si capisce che la soluzione possa reggere solamente per qualche mese.

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Sui potenziali danni da accise ne abbiamo dibattuto ampiamente (qui e qui) e non serve tornarci sopra ulteriormente se non ci sono novità di rilievo ma – lo ribadiamo – il problema principale rimane la grave insicurezza.

Al momento, servono quindi a poco anche le parole (comunque appropriate e sensate) rilasciate ad Agricolae.eu da Lamberto Frescobaldi.

A margine dell’evento MASAFAgricoltura È” di Roma – fra pubbliche contestazioni di alcuni agricoltori a Lollobrigida e Fitto [ndr] – il Presidente di Unione Italiana Vini ha definito i dazi come «schermaglie politiche, per arrivare a una rivisitazione di tutto quello che sono i dazi stessi» in ogni settore. La sensazione di Frescobaldi è che la cosa, almeno per il vino, potrebbe verosimilmente rientrare perché relativa a un prodotto non essenziale ma di piacere.

A chiusura, però, confessa anche la sua grande apprensione perché (in caso contrario) crescerebbe il rischio di distruggere un lavoro di export conquistato in 50 anni di duro lavoro.

Torniamo ancora una volta così al problema principale: chiudere in un modo o in un altro, attraverso la negoziazione più capace, la strategia più applicabile ma… chiudere la querelle il prima possibile per evitare il senso di precarietà che non giova a nessuno.

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credits: Tung Lam

E riprendiamo in chiusura il pensiero di Sandro Sartor (anche presidente del progetto Wine in Moderation), secondo cui questa congiunzione negativa dei vari fattori socio-economici potrebbe addirittura abbattere il settore: «il problema va risolto entro qualche settimana […] è gigantesco a livello nazionale, non possiamo fare finta di niente». Appunto.

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fonte: La Nazione, Agricola.eu, WineSpectator
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