Lavoro artigianale ed eroico in Valtellina: Alessio Magi e la semplicità di un piccolo tesoro in Valgella.


Che pazzi questi valtellinesi. Pensare di costruire tutti quei terrazzamenti a picco sulla valle e di andare su e giù per ripidi pendii con le ceste sulla schiena piene di terra e sabbia prelevate dalle sponde del fiume Adda solo per fornire uno strato di 20-30 cm al Chiavennasca per attecchire… ma come gli sarà saltato in mente?


Eh sì, perché la Valtellina era percorsa da un vasto ghiacciaio che nei secoli, ritirandosi, ha lasciato pendii scoscesi con poca terra e tanta tanta roccia affiorante, quindi se si vuol coltivare la vite non resta altro che terrazzare e portare la terra da giù a su!


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Il risultato è la rappresentazione perfetta della sempre attrattiva “viticoltura eroica“, patrimonio culturale condiviso con la Liguria dove i vigneti si affacciano sul mare mentre qui sul fiume Adda, insomma, in fondo sempre acqua c’è.

La parte vocata della valle è quella nord, dove il sole fornisce una perfetta irradiazione e i venti tengono a freno l’umidità, cosi percorrendo la strada fondovalle è un susseguirsi di micro-appezzamenti di vigneti che non arrivano mai alla ragionevole grandezza minima per altre regioni ma che qui invece a volte rasentano le dimensioni di un giardino privato. Diciamocelo, questi pazzi hanno piantato la vite ovunque c’era una possibilità.


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foto AB ©

Naturalmente dimentichiamoci, se non in rarissime eccezioni, trattori e macchine varie, qui si va a piedi e si fa quasi tutto a mano, a volte i vigneti hanno una strada sopra e una sotto cosi che in vendemmia si inizia di cima e si scende fino all’ultimo filare, ma a volte la strada è solo una e qui le aziende più grandi e ricche (2/3) arrivano anche ad usare elicotteri durante la vendemmia per far arrivare le uve in cantina mentre tutti gli altri possono contare solo sulla loro forza. Stesso discorso vale per tutti gli interventi di crescita e manutenzione, la media di ore di lavorazione per un vigneto situato in collina si attesta su 300 per anno, in Valtellina il dato sale vertiginosamente alla cifra di 1500.

Qui il Nebbiolo, chiamato Chiavennasca, cede un po’ di trama tannica rispetto al suo fratello piemontese ma grazie alle rocce vicine alla superficie ha un maggiore carattere organolettico distintivo. I vini sono racchiusi in tre denominazioni: Rosso di Valtellina DOC, Valtellina Superiore DOCG e Sforzato di Valtellina DOCG con il Valtellina superiore che a sua volta si divide in riserva e in (famose) 5 sottozone: Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno, Valgella.


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Ed è in questa valle che mi sono imbattuto in Alessio Magi. Tra una chiacchiera e l’altra con la madre che mi stava accogliendo nel suo B&B a Teglio, un antico casale con le travi del soffitto a vista, mi rivela che suo figlio, proprio sotto i nostri piedi, vinifica il Chiavennasca.

Come farsi scappare l’occasione di conoscere e assaggiare i vini di un piccolo produttore? Cosi ci accordiamo per incontrarci per il tardo pomeriggio.

Alessio, di preparazione agronomica: «perché quando ho studiato io enologia ancora non c’era», prima di diventare viticoltore si è fatto le ossa lavorando per le aziende della valle, per il consorzio e la fondazione Fojanini (che in Valtellina si occupa di studiare e preservare l’agricoltura alpina) e dopo una parentesi estera in Nuova Zelanda e Francia, grazie al piano di sviluppo rurale 2007-2013 ha deciso che era il momento di mettersi in proprio.


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Non troverete cartelli che indicano la sua cantina perché: «mica ho voglia di essere invaso dai milanesi che si fanno la gita fuori porta la domenica» e nel suo ettaro e mezzo produce 2 etichette: Rosso di Valtellina e Valtellina Superiore Valgella.

La cantina di vinificazione in cui trovano anche posto le botti per l’evoluzione è piccola ed essenziale, un “ordinato scompiglio” in cui tutto trova il proprio posto e dove si vede il lavoro quotidiano, d’altronde si producono circa dalle 5000 alle 6000 bottiglie per anno.


La degustazione dei vini non ha avuto niente di convenzionale, nessuna sala dedicata, ci siamo seduti attorno al grande tavolo del salotto: «d’estate usiamo la terrazza che regala un’incredibile vista sulle Alpi Orobiche» e durante una lunga chiacchierata abbiamo assaggiato – beh… meglio dire bevuto – il Rosso di Valtellina 2020, il Valgella 2020 e il Valgella 2018.


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Il Rosso è fresco, impattante con profumi di frutti di bosco e una buona balsamicità. Davvero piacevole e interessante è la parte minerale che caratterizza un po’ tutti i vini della valle e il tannino è presente e si fa sentire.

Più complesso il Valgella superiore, qui i profumi di frutta e fiori assumono toni più evoluti, spicca una grande balsamicità, i tannini sono più setosi ma sempre presenti e il vino lascia una scia in bocca molto lunga e piacevole. L’assaggio, in cui si ritrova una piacevole freschezza fa presagire la possibilità di una lunga evoluzione in legno.


Incontrare Alessio è assaggiare i suoi vini è stato un fuori programma inaspettato e molto appagante, visto l’esiguo numero di bottiglie prodotte non sarà facile trovare i suoi vini sugli scaffali di qualche enoteca, ma se vi capita di passare in Valtellina penso valga davvero la pena gettarsi in questa piccola “caccia al tesoro”!



Spirito Italiano alessio magi valgella valtellinaAndrea Bartolini – Spirito Italiano writing staff




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foto: Andrea Bartolini ©
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