Manifestazione che non fallisce, da ogni territorio la qualità del presente con qualche verticale esplicativa: “Terre di Toscana” è una gioiosa garanzia
Terre di Toscana è una manifestazione che mi ha sempre trasmesso allegria. Quest’anno più del solito, non saprei definirne un vero “perché”.
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Sarà forse perché più passa il tempo e più persone conosco fra produttori, colleghi ed estimatori o forse perché con l’esperienza imparo a muovermi nella folla di appassionati, addetti ai lavori, curiosi. Di certo vi è tutta un’umanità che si lascia coinvolgere da questa energia positiva, rafforzata dalla presenza di prodotti e produttori di altissimo livello e da una eccellente organizzazione che ha evidentemente fatto tesoro delle esperienze trascorse.
È qui che esce il segugio nascosto in ogni appassionato, del quale il timore costante è: “Sono passato accanto al banco di un produttore che non so, e se mi perdo la rivelazione dell’anno? La chicca nascosta? L’astro nascente?” Nessuna paura, se anche così fosse lo ritroveremmo l’anno prossimo – sicuramente L’Acquabuona non se lo farà sfuggire – .
Dopo il tour de force di tutte le mirabolanti Anteprime Toscane finalmente una manifestazione che non spinge gli assaggi, a volte persino prematuri, ma che mette a disposizione semplicemente il meglio, nuovo o vecchio che sia, che promuove gli scambi umani e professionali e soprattutto sollazza curiosità e palati golosi.
Come sempre è impossibile, in questo parco giochi, assaggiare tutto. È anche difficile affidarsi all’autodisciplina (questa sconosciuta) e mantenere saldi i buoni propositi fatti prima di varcare la soglia dell’Una Hotel.
Pubbliche relazioni, suggerimenti di amici e di chi, sei convinta, ne sa più di te, distrazioni varie di chiromanti e acchiappacitrulli e meraviglie vere e proprie fanno sì che sia difficile mantenere la rotta. Ecco allora le mie migliori degustazioni, che partono dal tentativo di un approfondimento su Montalcino (si, lo so che probabilmente non è l’occasione ideale, ma ho colto l’attimo) con divagazioni nel Chianti Classico e in Lunigiana. Perché: “in Toscana, ‘ndo cojo cojo, si beve bene” (cit.).
Oltre alla compilazione di una lunga pseudo-classifica (sono infatti sicuramente più di dieci gli assaggi meritevoli), racconto l’impressione generale che ho avuto, soprattutto su una Montalcino che ha saputo mettere in mostra dei Brunello più decisi, più eleganti oppure più equilibrati a seconda delle annate.
L’idea generale dei produttori è che malgrado la necessità (anche economica, perché no) di immettere sul mercato i vini al primo giorno disponibile secondo il disciplinare, ci sia l’assoluto bisogno di educare il consumatore a degustarli e apprezzarli nel periodo giusto, che è sempre molto più lontano dalla data di uscita.
Un altro punto da rimarcare è (una banalità per chi è esperto) l’assoluta differenza fra Brunello di Montalcino e Chianti Classico – stesso vitigno ma cloni, terreni, storia, altitudini assolutamente diversi: apparente severità il primo, più immediata eleganza il secondo con più freschezza fruttata e tannini meno aggressivi seppur decisi e presenti.
In realtà il nodo della questione è proprio l’attesa, la conoscenza delle denominazioni, e cogliere il giusto momento necessario per apprezzare la profonda territorialità, il genius loci, di entrambi. Una cosa è certa: l’annata 2013 ha fatto sfoggio di sé a Montalcino, catturando oggi tutte le attenzioni.
In questo grande luna park ho anche avuto l’opportunità di farmi un regalo: l’ultimo libro di Massimo Zanichelli ‘I quattro elementi del vino italiano: La Montagna’. Chissà se ne farò una recensione, una volta terminato di leggere… stay tuned!
colpita da…
Veniamo dunque alle numerose, ma non tutte, degustazioni in ordine sparso:
Tiezzi
Brunello di Montalcino Poggio Cerrino – la 2015 esibisce l’armonia di una maturità appena raggiunta e ancora spendibile, mentre la 1995, con la persistenza di cioccolato, note ematiche e grande freschezza, dimostra che la longevità dipende moltissimo dall’andamento dell’annata combinata all’intuizione in vigna e in cantina.
Sesti
Brunello di Montalcino Riserva Phenomena 2013 – non so se si può già considerare ‘vecchia annata’, ma l’intensità, la fine eleganza, la carnalità di questo bicchiere profumato di cioccolato, tabacco, marmellata di arance e violette candite mi hanno accompagnato a lungo.
San Lorenzo
Brunello di Montalcino Bramante 2013 – evidentemente questa annata è da rimarcare, poiché anche qui ho ritrovato armonia e eleganza, un’avvolgente amalgama di morbidezza, freschezza, cesellatura perfetta di tannini integrati, un cerchio infinito.
Le Chiuse
Brunello di Montalcino Riserva Diecianni 2013 – granato luminoso e intensità fresca e avvolgente, totalizzante nel tannino domato. Eleganza, completezza, coerenza che confermano sia l’annata che la teoria secondo la quale il Brunello necessita l’attesa.
Ridolfi
Brunello di Montalcino Riserva Mercatale 2017 – succo gustoso che regala soddisfazioni e presagisce lunga vita.
Pietroso
Brunello di Montalcino 2018 – gradevolezza fruttata e floreale, poca austerità e assoluta prontezza di beva.
Patrizia Cencioni
Cominciando dalla dinamica gioventù del Rosso di Montalcino 2021, il proseguo è con i Brunello di Montalcino 2018 e Ofelio 2018, che evidenziano potenza di frutto e colore perfettamente armonizzati con freschezza e giusta astringenza in un corpo addirittura masticabile. Arriviamo quindi al Brunello di Montalcino Riserva 123 2017, da vigne vecchie, che chiude in bellezza questa successione di assaggi entusiasmanti.
Mastrojanni
Brunello di Montalcino 2018 – insolita e interessante austerità per questa annata che altrove si dimostra di pronta beva e che qui, assieme all’indubbia e raffinata eleganza si delinea su profumi di frutta matura, freschezza e astringenza in un lungo finale di confortevole e piena rotondità.
Il Marroneto
Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2018 – l’unico che, confermando le doti fruttate, fresche e astringenti, di sorso lungo e già pronto, ha incuriosito cervello e palato, titillandoli per lasciarli sull’orlo del piacere assoluto.
Poggio di Sotto tenuta San Giorgio
ovvero: l’apoteosi. Un crescendo che comincia con la pronta morbidezza del Tenuta San Giorgio Rosso Di Montalcino Ciampoleto 2021, continua con Tenuta San Giorgio Brunello di Montalcino Ugolforte 2018 e la sua ampiezza fruttata di ciliegia, melograno e fragole, rabarbaro e fiori appassiti, note leggere di tabacco aromatico in una rotonda persistente e longeva gradevolezza; prosegue incessante e inesorabile con Poggio di Sotto Brunello di Montalcino 2018 dove la potenza e la lunghissima persistenza scuotono i sensi con raffinatissime zaffate balsamiche di patchouli, cipria, rose e scorza d’arancia, modulati nella freschezza da un tannino acuto, necessario e mai sgradevole.
Canalicchio di Sopra
tra i vari assaggi aziendali è questa prima annata del Brunello di Montalcino Vigna Montosoli 2018 che cattura la mia attenzione con la sua sapidità e il suo corpo caldo rinfrescato da acidità e tannini in perfetto equilibrio.
Cambiamo soggetto…
…ma non il godimento:
Tenuta di Carleone
Il Guercio 2020 – rubino luminoso, intensi profumi di ciliegia, erbe balsamiche, iris e viole, arancia che scorrono su una lunga e fresca scia dissetante.
Montepepe
l’evoluzione del Vermentino (chi lo avrebbe mai detto?) con il Monopole 2017 Vigna della Sughera che viene immesso sul mercato non prima di aver riposato 5 anni in bottiglia, qui supportato da una piccola percentuale di Viognier in ampiezze di idrocarburi, frutta esotica, erbette essiccate, sapidità e esplosione di gusto, confermato, se mai ce ne fosse bisogno, dalla sua versione 2011, con il morbido sviluppo ottimamente sostenuto dalla spingente sapidità.
Fattoria Varramista
non si poteva indietreggiare di fronte alla verticale di Varramista 2012-2008-2005-2003-2002. Le mie preferite sono state la 2005, che mantiene lo scambio tra tannino e acidità nell’esaltazione di profumi di pepe cotto e sapori gustosi, e la 2002, con ancora piccole percentuali di Sangiovese evidenti nella freschezza di ciliegie, il pepe nero profumatissimo e una finezza che ribadisce la sapidità.
foto: Luisa Tolomei © – riproduzione riservata
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