Un altro WinItaly: Veronafiere bissa il successo dello scorso anno. Allora, forse, non è un caso. Impressioni dal 56° Vinitaly.
Quante chiacchiere su Vinitaly! Prima (e va bene), durante – e va benissimo – e dopo (anche basta). Non che siamo stanchi della discussione costruttiva, siamo esausti della critica superficiale a posteriori.
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Poi, diciamocelo, chi potrebbe davvero tirare le somme su un evento come il Salone di Verona? E quali somme noi potremmo e dovremmo mai tirare? Facciamo il calcolo dalla parte dell’espositore? O magari dell’operatore? Oppure dell’appassionato associato? Forse del giornalista goloso? O ancora dell’organizzatore?
Beh, insomma, siamo alle solite e non vale il concetto: “basta che se ne parli perché ci girano i milioni”. Vero è che Vinitaly appare ai più come una vera kermesse e quindi diventa un po’ come Sanremo: diverte criticarlo ma poi fanno tutti la gara ad andarci e farsi riprendere dai media o farsi i social-selfie.
Se badiamo alla sostanza – che in fin dei conti quella conta – il business ha ormai un ruolo centrale e ci risulta impossibile generalizzare sul reale stato d’animo dei circa 4000 espositori al termine dei quattro giorni di manifestazione. Possiamo semplicemente ricevere i numeri da Veronafiere e riportare alcune opinioni raccolte nei padiglioni fra un assaggio e l’altro. Sensazioni ricevute da un campione talmente minimo di produttori che ipotizzare di farne un resoconto – e qualcuno l’ha fatto – sarebbe un po’ come avventurarsi negli exit poll intervistando il 5% degli elettori, roba che rivaluterebbe l’agenzia di sondaggi che fece piantare e poi espiantare le bandierine blu a Emilio Fede in un epico TG post-voto.
Numeri, dichiarazioni e commenti
La leadership di Veronafiere, al secondo salone del proprio mandato, si è dichiarata felice e noi (per fugare ogni dubbio) ci crediamo. Il duo Bricolo-Danese ha nuovamente scacciato corvi malauguranti e avvoltoi pronti a gettarsi (in stile tutto italico) sul corpo dello sconfitto appena un secondo dopo la chiusura dei battenti.
97.000 presenze sono state registrate per la 56^ edizione di Vinitaly. La “guerra degli ingressi” a chi “ne mostra uno in più” interessa sinceramente più all’organizzazione come specchietto per le adesioni 2025 che a noi: i numeri valgono niente senza l’interesse vero di chi accede. Il nutrito team che valorizza la fiera ha comunque lavorato bene durante l’anno grazie anche alla preziosissima sinergia con ICE Agenzia che consente il casting degli operatori e dei buyer – 1200 i “top” invitati e ospitati quest’anno da 65 Paesi esteri – durante i viaggi di presentazione all’estero.
Lo ha sottolineato anche il presidente di Veronafiere Federico Bricolo: «I dati della manifestazione, unitamente al riscontro positivo delle aziende, confermano gli obiettivi industriali dell’attuale governance di Veronafiere fortemente impegnata a potenziare il brand fieristico del made in Italy enologico nel mondo. Va in questa direzione il rafforzamento della collaborazione con tutti i referenti istituzionali, oggi in prima linea con Veronafiere nel sostenere l’internazionalizzazione del settore».
Ma “top buyer” a parte (che a qualcuno toccano ma a quasi tutti no), il tesoretto sono quei circa 30.000 operatori da 140 Paesi: professionisti che, magari, si erano già presi qualche appuntamento con gli espositori per rinsaldare o creare un nuovo rapporto commerciale. Il mercato fuori confine è l’unico che qui fa davvero gola in una situazione di scambio incerta e un cliente italiano attentissimo alle piccole cantine e, talvolta, troppo incline a spaccare il centesimo.
L’A.D. Veronafiere Maurizio Danese, però, non dimentica casa nostra: «La profilazione degli operatori è tra i nostri principali obiettivi strategici. Un risultato già centrato nella scorsa edizione, quella della svolta di Vinitaly, e proseguito quest’anno anche nei confronti della domanda domestica, in particolare quella del canale horeca attraverso iniziative di comunicazione e marketing che hanno contribuito all’incremento delle presenze italiane. In questi giorni abbiamo registrato reazioni positive da parte delle aziende, dei consorzi e delle collettive regionali. Una iniezione di fiducia in un momento complesso che ci vede impegnati a supportare il principale prodotto ambasciatore e apripista dell’agroalimentare del Belpaese nel mondo».
Se parliamo quantomeno di vino, si ha oggettivamente la sensazione che gli affari si facciano ancora bene negli stand/salottini/showroom/castelli di Vinitaly. Poi, come sempre, c’è a chi va meglio e chi torna deluso con investimenti a vuoto importanti – viaggio, fiera, vitto e alloggio… ma ne vogliamo parlare di quanto se ne approfittano da anni quelli del settore alberghiero? Lasciamo fare, ci incazziamo senza risolvere -. Sappiamo che quest’anno Paris Expo ha funzionato bene, che Dusseldorf ha un po’ deluso ma Vinitaly (spiace per i menagrami polemici) rimane sempre Vinitaly se l’organizzazione riesce un pochino a innovarsi e la politica sa sostenere a dovere la nostra unicità.
Il prodotto italiano che, non scordiamocelo, all’estero fa status e rimane allettantissimo per rapporto qualità/prezzo, qui si trova tutto e l’importatore lo sa. Se fiuta l’opportunità dell’affare sa anche che la città è bellissima, che magari verrà invitato a qualche party “obbligatorio/obbligato” della sera e che, se riesce, fa un salto pure a vedersi Venezia… insomma: viene.
Già… Venezia che quest’anno apriva la sua Biennale quasi in concomitanza non solo con il vino ma anche con il Salone del Mobile di Milano… Lasciamo stare l’ironia, così come lasciamo stare Vinitaly and The City, l’intoccabile fuori salone per i lovers che, accada quel che accada (quest’anno, pare, 50.000 degustazioni), regala sempre emozioni spassionate e pane fresco per affamati pedanti di ogni dove.
In fiera
Comunque: tanti appassionati in centro città e passo velocissimo in fiera dove mi è parso sia filato più o meno liscio tutto. Qualche tornello inceppato all’apertura in Cangrande per più di un giorno ha fatto un po’ gridare all’incompetenza i frenetici della prima ora ma, almeno per l’esperienza personale, la logistica per i visitatori ha funzionato. Bene il deposito bagagli, ottimo il servizio navetta (possiamo finalmente dimenticare le esperienze da urlo di qualche anno fa) verso stazione, Bentegodi, centro storico e aeroporto. Sui parcheggi in fiera non abbiamo feedback che ci consentano di dire se il solito marasma è calato e non conosciamo i tempi medi attesi quest’anno per uscire con l’auto dall’area. Sicuramente oggi (se automuniti e senza merce ingombrante) conviene lasciare la propria auto ben lontana dalla zona.
La struttura e la distribuzione delle aree è rimasta più o meno la stessa e stanno crescendo le realtà che, per sostenere i costi degli stand, fanno unione. Ci sono le Regioni con le loro associazioni di promozione, i sodalizi fra produttori, gli enti di varia natura e, soprattutto, tutti quei consorzi di tutela che svolgono un ruolo essenziale per i soci e sono un assoluto catalizzatore di interesse per coloro a cui manca in carta un vino di un produttore emergente da una particolare area.
La politica ha fatto come sempre i suoi passi, le sue inaugurazioni e le sue passerelle mostrando ancora una volta quanto la presenza delle figure istituzionali sia essenziale per dare valore a Vinitaly e quanto altrettanto Vinitaly sia vetrina di visibilità e consenso soprattutto se in aria di campagna elettorale.
Il taglio del nastro inaugurale, con ben 4 ministri e 1 presidente della Camera, la dice ampiamente lunga sull’azione diplomatica e sulla considerazione che per il Salone nutrono gli esponenti di Roma. Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha mancato di portare il suo sostegno alla manifestazione in presenza (come sempre non annunciata per motivi di sicurezza) nella giornata di lunedì.
Saluti, sostegno e sfilata a parte, lo Stato ha preso parte fattivamente e materialmente anche sul campo. Presente lo stand dell’Esercito Italiano nel padiglione 10 e (come da tradizione) il MASAF – preferiamo l’acronimo alle competenze per esteso – aveva la sua ampia area talk. Davanti all’ingresso Cangrande spiccava quest’anno anche un nuovo spazio realizzato in collaborazione con il Ministero della Cultura, con un’esperienza immersiva tra installazioni multimediali, antichi reperti e opere d’arte.
La mostra “Vino tra mito e cultura” ha ospitato documenti storici e prodotti artistici provenienti sia dal Museo del Vino di Torgiano che da altri musei nazionali. Fra le opere: “Le nozze di Cana” del Garofalo, “Bacco” di Annibale Carracci, “La vendemmia (allegoria dell’Autunno)” di Francesco Celebrano, “Baccanale” di Pablo Picasso, la “Statua di Satiro” in marmo del I secolo a.C. e delle suggestive anfore vinarie in argilla dal IV secolo a.C. al IV secolo d.C. Faceva parte dello spazio anche l’arena immersiva “Divina”, un viaggio affascinante tra immagini al microscopio e visualizzazioni creative legate al vino e ai suoi territori regionali.
Parliamoci francamente: i visitatori che sono passati dalla mostra sono stati una piccola percentuale; quasi tutti sono rimasti fuori, poco sotto, a farsi selfie con l’allestimento principale a sfondo – ce lo siamo fatti anche noi – ma pensiamo sia essenziale riuscire a dare un’offerta culturale da cui si evinca cosa abbia rappresentato il vino per l’Italia nei secoli e che sia emblema della nostra storia nonché scudo ai tanti attacchi che arrivano dalla modernità quotidiana. L’Italia rimane l’Italia, con i suoi limiti ma anche con le sue risorse inarrivabili.
Quello del sistema-vino è poi un importante veicolo trainante del made in Italy, da difendere a denti stretti e con marcature al limite del regolamento dalle minacce quotidiane. Esplicativo lo studio Osservatorio Uiv-Vinitaly-Prometeia “Se tu togli il vino all’Italia – un tuffo nel bicchiere mezzo vuoto” presentato in apertura e che ha mostrato l’impatto socio-economico del settore vitivinicolo.
I dati hanno evidenziato una produzione annua di 45,2 miliardi di euro (tra impatto diretto, indiretto e indotto), 303 mila occupati e un valore aggiunto di 17,4 mld. pari all’1,1% del PIL (lo sport, secondo stime dell’Istituto Credito sportivo vale l’1,3%). Senza il vino, il saldo commerciale del settore agroalimentare paradossalmente scenderebbe del 58%.
In più, c’è il turismo enoico, sempre più vitale per i piccoli centri e le comunità rurali. Ogni anno coinvolge circa 15 milioni di persone (fra viaggiatori ed escursionisti) con budget giornalieri (124 euro) superiori del 13% a quelli del turista medio, per una spesa complessiva di 2,6 miliardi di euro.
Vino ma non solo… e la Grappa sale
Sono stati molti gli approfondimenti nelle giornate di evento che hanno spaziato su vari temi e aree geografiche. Soprattutto quelli distribuiti nei padiglioni hanno saputo raccontare un prezioso spaccato di lavoro. Vinitaly è vino, indotto, ma non solo.
L’attenzione al mondo tecnologico e logistico che gli ruota attorno mantiene ancora uno spazio di rispetto all’interno del Salone. C’erano poi 1000 mq a disposizione per la birra (forse non è il luogo più adatto), la confermata area Mixology ai piani alti (vetrina interessante ma la resa in risultati ci pare limitata) e poi gli spirits con le distillerie dislocate prevalentemente nei propri spazi regionali.
Sono proprio distillati e liquoristica gli unici prodotti alcolici che ci sembra possano avere senso e fortuna a Vinitaly. La grappa sta vivendo un momento di rilancio e lo si è visto benissimo anche qui. Un vero Consorzio nazionale riconosciuto, la recente riforma delle Indicazioni Geografiche a cui si aggiungono i numeri delle vendite 2023: +1,1% in valore e un +0,4% in volume.
Un settore estremamente moderno che può realmente definirsi sostenibile e che, se riuscirà a mantenere compattezza fra le sue componenti a livello nazionale (disperdendo pian piano i “campanili”), potrà davvero fare bene e fare squadra fra le grandi realtà aziendali (con attività che spaziano dalle bevande all’energia) e le medio-piccole distillerie a conduzione familiare.
Cercheremo di riparlarne della grappa a Vinitaly e del suo “rinascimento” passato attraverso il talk di Assodistil e CNG “Rilancio della Grappa. riforma IG e riconoscimento dei Consorzi“, i momenti di abbinamento al Cioccolato di Modica IGP, la miscelazione nell’area Mixology e le tendenze nel consumo (incluso l’interessante approfondimento delle Donne della Grappa, la componente tutta al femminile degli assaggiatori ANAG).
Come sempre in questi casi evitiamo di raccontare i nostri migliori assaggi, ci parrebbe un’insensata promozione che, sinceramente, non meritate. Supponiamo che però esista del ricco materiale su web e, particolarmente, sui social a cui poter attingere in caso di solitudine da recensione.
Il futuro? Non spaventa (almeno qui)
Un 56° Vinitaly che, a parer nostro, chiude quindi con un bilancio davvero positivo e non siamo certamente noi quei “servili adulatori” che incensano a prescindere per compiacere il “palazzo” (andatevi pure a leggere qualche articolo passato). Se una cosa ha funzionato è bene dirlo e fa pure piacere.
Gli eventi che pullulano per l’Italia stanno avendo importanti cali di adesioni (e i piccoli produttori hanno estremamente bisogno di non disperdersi) ma evidentemente la regola ancora non si applica a questa fiera (di dimensioni e respiro ben diversi) fino a quando rimarrà unica nel suo genere e si curerà non solo di fare incoming selezionato ma anche di proseguire l’attività promozionale a livello mondiale.
Le prossime tappe saranno: Wine to Asia (in corso a Shenzen 9-11 maggio 2024), Vinitaly China Roadshow, Shanghai, Xian, Guangzhou (2-6 settembre 2024), Wine South America a Bento Gonçalves (RS) Brasile (3-5 settembre 2024), Vinitaly USA (Chicago 20-21 ottobre 2024), Vinitaly @ Wine Vision (Belgrado 22-24 novembre 2024).
Saranno da ottimizzare i link, ampliare ancora l’offerta B2B e avere sia intuito che versatilità. Quello che è stato fatto in questi 2 anni è molto e portare nel post-covid una fiera in difficoltà – che molti davano per moribonda – a essere “WinItaly” è un successo. Le vittorie in imprenditoria sono decidue… ma restano pur sempre delle vittorie.
foto: Paolo Bini © – fonte: Uff stampa Veronafiere
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